Campoli Appenino

CAMPOLI APPENNINO, IL PAESE DEGLI ORSI E DELLE EMOZIONI

Avete mai sentito parlare di Campoli Appennino?

Nonostante sia romana di adozione non avevo mai sentito parlare di questo paesino del frosinate a poco più di un’ora da Roma. Amo i piccoli borghi e mi piace scoprirli, ma solitamente mi ritrovo sempre in mezzo a paesini molto simili tra loro, con la loro storia e ben poco altro da raccontare. Ma Campoli Appennino è stata una scoperta e nonostante non fossi affatto preparata ad affrontare due giorni fuori in pieno delirio lavorativo, sono riuscita a ritagliarmi un po’ di spazio per raccontarvi quello che vi sto per dire.

Campoli Appennino è un paese di poco più di 1500 anime che d’estate si riempie un po’ di più per l’arrivo dei romani che qui hanno case di nonne e genitori.

L’intero paese sorge tutto intorno a una dolina carsica ed è proprio questo il bello, perchè dentro questa dolina sta la vera sorpresa.

CAMPOLI APPENINO

Da casa di Flavia, che mi ha ospitato per questi due giorni, come immagino dalla maggior parte delle case del paese, si può osservare tutto il fantastico paesaggio del “Tomolo” (così è chiamata la dolina) e si possono osservare nitidamente i suoi silenziosi ed educati abitanti, gli orsi.

Ricordo ancora, nonostante sia passato più di un mese, l’emozione di vederne uno, perchè io un orso da vicino davvero non l’avevo mai visto. E mi ricordo del suo passo lento mentre si muoveva dentro quella sua grandissima casa, indisturbato e forse un po’ pensieroso. Parlo al maschile, ma il primo orso che ho visto era in realtà Sonia, la regina della dolina.

Ora vi racconto un po’ di storia e poi tornerò a dirvi delle mie emozioni.

L’Area Faunistica dell’Orso è stata inaugurata il 18 settembre 2010. 

Il paese di Campoli, nella conformazione attuale, ha origine medioevale (ce lo testimonia anche la Torre ed i resti delle mura di fortificazione), sorge a 650 m sopra il livello del mare e conta una popolazione di circa 1700 abitanti e, come vi ho già detto, ha la particolarità di svilupparsi interamente intorno a un’estesa dolina, manifestazione del fenomeno carsico particolarmente diffuso nell’Appennino centrale. Nella sua forma sub-ellittica, si estende per 630×400 m, ed ha una profondità di 130 m, con la caratteristica di avere i versanti esposti a Nord e Sud di differente età geologica.

Questo piccolo borgo dell’Appennino laziale-abruzzese – già conosciuto per il suo celebre e raffinato tartufo, apprezzato a livello nazionale e internazionale – grazie all’istituzione dell’Area Faunistica si è meritato l’appellativo di “Città dell’Orso e del Tartufo” come recita un pannello di accoglienza posto all’entrata del paese.

La ricchezza naturalistica di Campoli – praticamente incontaminata – lo ha reso da sempre un luogo privilegiato per poter osservare la fauna tipica del Parco che spesso si spinge fino ai limiti del centro abitato. L’orso, che ne è l’elemento più rappresentativo, non fa eccezione e in qualche caso non disdegna delle inaspettate visite a “domicilio” ai paesani.

Com’è organizzata

L’Area Faunistica si compone di due strutture principali, poste a breve distanza: un Centro visita del PNALM denominato “Centro Orso” – in Via Guglielmo Marconi – all’interno del quale è possibile approfondire la conoscenza dell’Orso bruno dell’Appennino centrale (Ursus arctos marsicanus) grazie ad un allestimento multidisciplinare e una zona recintata pedonabile all’interno della grande dolina carsica, accessibile dopo un breve tragitto, percorrendo una carrareccia.

In tale area, estesa circa 15 ettari, sono stati immessi in momenti diversi e in stato di semi-libertà cinque esemplari di Orso bruno europeo nati in cattività: Abele, Jill, Sonia, Leone e Piero. Fare una visita all’Area vuol dire trovarsi a tu per tu con degli splendidi esemplari di orso, come difficilmente vi capiterà altrove. E potrete farlo in totale sicurezza, accompagnati da una guida naturalistica che ve ne farà scoprire tutti i segreti

Campoli Appenino

Tornando a me e agli orsi, non potevo certo osservarli da lontano, ma sono andata a vederli da vicino e sono riuscita addirittura a guardarli negli occhi.

Di nuovo la prima che si è fatta viva è stata Sonia, sarà che le donne in genere sono sempre un po’ esibizioniste. In realtà Sonia si nascondeva tra i cespugli e le fronde degli alberi che venivano giù e mentre cercavo di fotografarla mi sono resa conto che quello non era un zoo, era la sua casa e io dalle finestre mi impicciavo degli affari suoi, la fotografavo nella sua intimità, nei passaggi tra una collinetta di terra e un pozzo. Ho smesso di fotografarla ma non di osservarla, era come vivere in un film di cui potevi inventarti in finale.

All’improvviso, spostandomi più avanti arriva anche uno dei due fratelli, mi pare che la guida mi abbia detto fosse Leone. Abele e Jill invece non ci sono più.

Leone è stato molto generoso, o forse era troppo vanitoso, perchè il nome che si porta dietro evidentemente si riempie anche di questa curiosa connotazione. Non faceva altro che camminare vicinissimo alla recinzione, su e giù, come se fosse su una passerella e noi, turisti inconsapevoli ancora della grande fortuna che avevamo ad assistere a quella sfilata, con le nostre astratte palette a dare voti al portamento.

Ma la scena più bella è stata quella della merenda. Alle 18 infatti è l’ora in cui arrivano i vivere ed è per questo che loro si fanno vedere, perchè come tutti gli animali sono spinti ad avventurarsi alla ricerca del cibo e, in questo caso, dalla sicurezza di trovarlo. Così Leone, afferrata una fantastica pagnotta di pane si dirige vero il pozzo, la bagna per bene in modo che sia di facile masticazione (che poi un orso sapete quando impiega a mangiarla tutta? Praticamente un secondo), la immerge per bene con le sue “manine laboriose” e la mangia, per poi spostarsi, per il secondo spuntino, nell’altra ala della casa, dove c’è la piscina più grande.

Dell’emozione di quei giorni

Quei giorni sono stati un pieno di emozione e, a parte gli orsi e il tartufo che i fantastici genitori di Flavia mi hanno fatto assaggiare, ho scoperto luoghi meravigliosi e, ahimè, quasi mai raccontati. Quanti di voi sapevano dell’esistenza di questo paese e di Sonia, Leone e Piero? Di come vivano in un posto bellissimo e incontaminato, al riparo da tutti e tutto? Mi chiedo a volte quanto davvero ci interessino queste cose, ma la verità è che finché non proviamo alcune emozioni non sapremo mai di quanto ne avevamo bisogno.

Come nella vita, negli amori, nei rapporti di amicizia, le cose vanno vissute da dentro e non da fuori, da vicino e non da lontano, nel profondo e non in superficie, perché se non lo facciamo è normale poi che ci piaccia di più fare il giro del quartiere piuttosto che il giro del mondo.

 

 

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