Mi trovavo a Cremona libero da lavoro. A quella città ho sempre guardato come ad un crocevia, un crocevia bello e rigoglioso: piccolo gioiello essa stessa, con la sua posizione geografica favorevole è punto di partenza ideale per scorrerie in tutto il nord della penisola, dall’est all’ovest.
Apro maps e scorro il nord-Italia con la punta delle dita. E’ difficile scegliere: tante le cose non ancora viste, innumerevoli le possibilità. Mi sposto a ovest e noto che poco a sinistra del Garda ci sono due piccoli specchi d’acqua. Di fronte ai bacini più grandi – e più famosi – passano pressoché inosservati: i laghi d’Idro e Ledro con le loro forme allungate segnano il confine di due regioni, rispettivamente Lombardia e Trentino. La scelta è fatta.
Il viaggio per il lago d’Idro e Ledro
Sul momento penso di evitare l’autostrada per prendermela comoda e viaggiare slow percorrendo la ss45 bis, la statale che da Cremona mi porterebbe dritto alle porte di Salò passando per Brescia. Da lì avrei proseguito sulla 247 dritto fino al lago d’Idro. Ma è sabato, penso, e come me mille altri avranno avuto la stessa idea: gite fuori porta, piccole divagazioni dal quotidiano e di conseguenza traffico a mille e strade intasate. Mi risolvo allora a prendere l’autostrada. L’asfalto corre veloce ed il viaggio fila senza intoppi: man mano che mi lascio le spalle la pianura, le montagne si fanno più vicine ed imponenti. Arrivo a Brescia e, lasciata l’autostrada, proseguo verso Salò sulla 45 bis. Allora capisco d’aver fatto bene a scegliere la strada a pedaggio. Le macchine non si contano: non superiamo i 40 km orari per un bel pezzo, almeno finché non lascio quel serpente d’auto diretto al Garda per risalire fino al mio lago sulla 237, quasi completamente libera attraverso piccoli paesi più e meno belli.
Il lago d’Idro
Ci arrivi che quasi non te ne accorgi: il lago d’Idro si apre con un spicchio d’acqua che s’incunea nella terra. La statale ne costeggia tutta la costa Ovest. Decido di fermarmi ad Anfo, un paesino situato più o meno a metà lago. Lascio la macchina vicino ad un piccolo molo: se vi capiterà di andarci, qui potrete acquistare il biglietto per un giro in battello che vi porterà alla scoperta di tutto il bacino. L’acqua è straordinariamente pulita: i colori vanno dal verde chiaro allo smeraldo profondo fino al blu. Le montagne ci si specchiano dentro su una superficie immobile, non mossa da vento e trasparente.
M’incammino per un piccolo vialetto che costeggia la riva e l’attracco delle barche fino ad arrivare ad una spiaggetta di ciottoli: qui potrete rilassarvi, tirare qualche sasso sull’acqua o semplicemente stare sdraiati ad ammirarlo. Il lago è talmente trasparente che il fondo vi si mostrerà senza riserve – almeno finché non diventa troppo profondo. Alle mie spalle c’è un bar: qualche tavolo all’aperto, un paio sotto una veranda ombreggiata. Mangio una piadina al volo che s’è fatta ora di pranzo e sono affamato. Per chi di voi volesse non mancano ristoranti e posti di ristoro: il pesce di lago è il piatto forte ma non mancano altre specialità. Per gli appassionati di bicicletta o cicloturismo, a due passi dalla “Spiaggetta” (scopro che il nome della località è proprio quello) potrà noleggiare un’e-bike che gli permetterà di fare un giro a due ruote attraversando questi luoghi bellissimi. Torno alla macchina e proseguo.
La rocca d’Anfo
Subito dopo il paesino, a sinistra, sulle pendici del monte Censo c’è la rocca d’Anfo: un’antica installazione militare, una sorta di piccola cittadella. Dalla posizione dominante sul lago serviva a controllare tutta la zona poiché quella che corre sotto – l’odierna statale – era la strada di collegamento principale tra le montagne e la pianura Padana. Le sue origini risalgono al ‘300, con ammodernamenti e ristrutturazioni successive risalenti al quindicesimo secolo e all’epoca napoleonica. 1200 gradini costa salire su in cima: ma ne vale assolutamente la pena! E’ possibile prenotare la visita guidata alla rocca tramite il sito della stessa e vi sarà possibile scegliere tra un percorso lungo che include l’avvicinamento alla struttura partendo da Anfo, ed uno breve con punto d’incontro direttamente al museo. La rocca è inoltre sede di eventi e spettacoli tutti segnalati sul sito.
Verso la valle di Ledro: la cascata Ampola
Proseguo il viaggio e passato il fiume Caffaro è già Trentino. Arrivato a Cà Rossa lascio la ss237 per la 240, direzione Storo. Da qui mi dirigo verso la valle di Ledro. A circa 7 chilometri l’imprevisto, un bellissimo imprevisto. E’ la cascata Ampola: la vedo lì, al lato della strada. Impossibile non fermarsi, vi sorprenderà. Potrete lasciare la macchina in una piccola radura affianco alla carreggiata. Dopo qualche metro di sentiero sarete arrivati: il dislivello non è enorme, una ventina di metri da cui l’acqua precipita in basso. Ma il piccolo bacino che si forma è un paradiso di cristallo pervaso dallo scroscio della cascata. A capitarci d’estate un bagno sarebbe d’obbligo. Mi godo qualche minuto quell’oasi di bellezza e rimonto in auto.
Il lago di Ledro
Da lì, in meno d’un quarto d’ora un cartello m’annuncia d’essere arrivato nella valle di Ledro dopo chilometri fatti tra bellissime montagne e ruscelli che ti corrono al lato. Piccola divagazione: la strada, prima d’arrivare al lago, vi condurrà a Bezzecca. Questo è il luogo da cui Garibaldi spedì il telegramma a La Marmora con il famoso “Obbedisco” in risposta all’ordine di fermare la sua avanzata alla conquista del Tirolo allora austriaco durante le battaglie della terza guerra d’indipendenza. Pieve di Ledro vi darà il benvenuto sul lago. Qui, se possibile, mi sembra che l’acqua sia ancora più cristallina, più pura. Nel frattempo il cielo si è annuvolato ma il fascino di quel luogo incontaminato rimane. Pure l’architettura è cambiata: balconi di legno, tetti dalle forme diverse, vasche di fiori colorate. Il Trentino è così che ti accoglie. I turisti sono pochi: tutto è calma, come l’acqua che non si muove. Percorro la riva nord e mi fermo a Mezzolago: da qui con lo sguardo potrete spaziare su tutta la valle, abbracciando ogni cosa.
Mi godo il panorama, scatto qualche foto e proseguo verso nord-est dove ho intenzione di visitare il Museo delle palafitte del lago di Ledro di cui ho letto. É un museo creato a Molina di Ledro in seguito al ritrovamento in zona di alcune palafitte risalenti all’età del bronzo. Purtroppo è chiuso: lavori fino a Luglio 2019. Non mi resta che godermi il lago anche da quella sponda. Il sole è tornato; c’è un piccolo prato su cui vedo famiglie, ragazzi, persone d’ogni età sdraiate in pieno relax. Mi unisco.
Il ritorno
É tempo di rientrare e m’interrogo sul come: riapro maps. Tutte le considerazioni fatte al mattino – il traffico del sabato, il Garda preso d’assalto – non le sento più così minacciose. Piuttosto che rientrare per la strada fatta scelgo di proseguire ancora verso est e fare la Gardesana, da Riva procedendo verso sud, passando per Limone fino a Salò. Da qui prenderò la strada dell’andata per tornare verso Brescia e rientrare. Da Riva a Limone un unico nastro d’auto che si muove a passo d’uomo, mentre le acque del lago d’un azzurro quasi violetto si muovono impennate da piccole creste d’onda. Il disagio del traffico nulla toglie alla bellezza: mi fermo a Limone il tempo di un gelato, tra turisti in maggioranza tedeschi, negozietti di souvenir affollatissimi e il monte Baldo innevato che guarda maestoso dall’altra sponda.
Riparto consapevole di quanto ancora lungo sarebbe stato il ritorno: fino a Salò una collana d’automobili disegnava il contorno del lago. Da lì in avanti va meglio.
Non ricordo nemmeno che ora fosse quando ho rimesso piede a Cremona, ma a fine giornata ho dato uno sguardo all’intero percorso della giornata: ho fatto una specie di cerchio – sì, con un pò di fantasia – da cui partiva una strada lunga come un filo. Mi piace pensarci come ad un palloncino leggero, una bolla di bellezza.
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