LA MALESIA E L’OLIO DI PALMA INDONESIANO

La Malesia non mi stanca mai

 

Iniziai ad andare in Malesia circa 23 anni fa. Da allora almeno una dozzina di viaggi malesi han riempito la mia valigia di ricordi. Stavolta son tornata con l’amaro in bocca.

Ero a Langkawi a metà settembre. Un bel giorno mi sono svegliata con una bella nebbiolina. Vedevo il sole ma era come oscurato. Ero già stata a Langkawi a settembre anni prima e, sinceramente, non ricordavo nulla del genere. Dopo colazione m’inchiacchiero con uno dei bagnini dell’immensa spiaggia di Chenang. Con rammarico mi racconta che, da qualche anno a questa parte, a metà settembre, la vicina Sumatra-Indonesia (proprio di fronte a Langkawi) dà fuoco ai campi, tra cui quelli destinati di olio di palma, perché costa meno che assumere e pagare dei braccianti per preparare il terreno alla coltivazione.

Nel frattempo la popolazione che vive nelle zone limitrofe respira, ogni anno, questa “fuliggine”, e l’ambiente “gode” di tutti gli effetti collaterali. Sia in Malesia che in Indonesia si sono registrati casi d’intossicazione. Le scuole anche quest’anno sono state chiuse per un paio di giorni. Gli anziani sono stati invitati ad indossare le mascherine di carta in “via precauzionale”. 

Il governo indonesiano ha già ricevuto vari reclami da parte del governo malese e li ha volutamente ignorati.
Dopo tutto quello che si è scatenato in Italia per la storia dell’olio di palma, ciò che accade nei campi indonesiani è veramente allucinante. Il minimo che si possa fare è parlarne e diffondere la notizia.

Vi lascio, qui di seguito, un paio di articoli inerenti questo problema:

https://bit.ly/2PPQeCk

https://bit.ly/34z6DPG

Possiamo fare qualcosa? Sì, certo. La nostra aria è già abbastanza inquinata, non aggiungiamo altra sozzura.

 

 

 

 

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