Quando ti rendi conto di aver interiorizzato una cultura?

“Un giorno qualunque mi sono sorpresa nel chiedere di mettere il dulce de leche sopra la frutta e ho iniziato a capire.
Non mi ricordo come, guardando alcuni ricordi, alcune vecchie voglie, mi rendo conto che mi sto abituando. Non mi ricordo più l’ultima volta che ho mangiato una pizza, eppure non la bramo più come l’ossigeno; mi sto abituando a non poter assaporare una mozzarella, sfondarmi di sushi o bermi uno spritz all’aperitivo.

Mi sto abituando ad accettare i cambiamenti dell’ultimo secondo, a non uccidere la gente che mi cammina davanti a passo di lumaca, a fare 6-7 chilometri a piedi tutti i giorni per raggiungere un posto e iniziare a riconoscere le strade senza perdermi e senza mappa; non è più necessario ascoltare la musica per spostarmi da un posto all’altro perché c’è una musica in ogni angolo della strada.

Mi sono sorpresa ad esultare di felicità come mai prima d’ora nel veder arrivare, e fermarsi, un pullman dopo un’ora d’attesa nel nulla. Mi inizia a piacere il vento che ti arriva sul bus perché viaggia la maggior parte delle volte con le portiere aperte e l’odore di caramello che riempie i marciapiedi della città;

Mi abituo al problema che spesso tutti i piani saltano per colpa dei continui scioperi o manifestazioni. Se sto lavorando, se passo la domenica nel parco o in compagnia, mi manca non bere e condividere il mate e mi sto abituando al fatto che, tutte le santissime volte che lo bevo, mi si ustioni totalmente il palato.

Mi sto abituando a volere l’asado, le empanadas, a non veder l’ora di poter ballare il cuarteto e di lasciarmi guidare. Mi sto abituando anche a offendere in spagnolo e mi stupisco nel sentirmi così soddisfatta nel farlo! Mi sto abituando a questo secondo inverno, alle giornate che non fanno altro che accorciarsi come il mio tempo qua; mi sto abituando a convivere con il fatto che non posso vedere il mare e mi rendo conto che non ho mai passato così tanto tempo senza di lui, eppure sopravvivo.
Ma non mi sto abituando, è che l’Argentina mi è entrata dentro prepotentemente e sono sicura che non è un caso, è che l’ho sempre voluta, l’ho scelta.”

Questo è successo ben 4 mesi fa, dopo tre mesi trascorsi immersa nella realtà Argentina.

Poi sono tornata.. a distanza di più di un mese mi rendo conto quanti atteggiamenti mi sono rimasti dentro di questo mondo.

Partiamo dal saluto: al diavolo le formalità, anche se non ti conosco, ci si bacia, ma con un solo bacio, a partire da sinistra. (Molto pericoloso in effetti: il rischio grandissimo è di baciare a stampo tutte le persone che si incontra).

Ad oggi non riesco più a tirare fuori il mio telefono se sto a cena o cammino per la strada: in generale mi rendo conto di camminare sempre con molta tensione e attenzione a tutto quello che succede intorno, senza potermi fidare completamente.

A Cordoba, come tantissime città Sudamericane, attenzione e sicurezza prima di tutto. Non voglio dire che non ci dovete viaggiare o viverci, io ritornerei subito, ma camminare per le strade/stare sul bus con il telefono in mano non è proprio una scelta saggia, se ci tenete!

Mi sono ritrovata a cercare di fare la fila per salire sui bus a Roma, cosa veramente stupida da parte mia, visto che in questo modo cercavano solamente di passarmi avanti. E lo faccio perché si, a Cordoba ti deruberebbero in ogni situazione, ma se stai aspettando un bus, la fila la rispetti come tutti gli altri, fino anche a creare code chilometriche.

Non riesco a fare nulla senza ascoltare la musica argentina e mi manca non sentirla per le strade, così che passo il mio tempo a cantare, anche nei posti pubblici, cosa che sarebbe normalissima per le strade di Cordoba, ma che se provi a proporla sui bus di Genova, rischi di finire in questura

Cerco gli appuntamenti fissi nelle piazze principali per ballare tango, latini americani, musiche tipiche, con tutti, dai più piccoli ai più grandicelli.

Ho imparato a condividere i miei spazi con i cani randagi. È una delle cose che sciocca di più arrivando in Sud America: vedere tutti questi cani che vivono liberi per la strada. Ho imparato a non aver paura e loro hanno iniziato a proteggermi quando camminavo da sola.

L’Argentina mi ha trasmesso la sua necessità e la sua voglia di esprimersi e di lottare per quello in cui crede, proprio per questo ho iniziato a scrivere.

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